Glitchborne: Yachtfever.exe

Glitchborne: Yachtfever.exe

Il primo impatto fu luce.

Non luce normale. Ma riflessi digitali puri, specchiati su superfici nautiche talmente perfette da sembrare render.
Glitchborne non respirava. Non perché non potesse. Ma perché la realtà… lo stava guardando indietro.

I suoi 3D glasses crepitavano.
L’acqua, sotto di lui, sembrava glitchare a ogni movimento delle barche. Le scie dei motori lasciavano codice nell’aria. Ogni yacht, un tempio di potenza e silenzio.

Echo: "Questo è il futuro che non possiamo permetterci di corrompere."
Storm: "O il passato che dovremmo riscrivere con un’accetta di dati."

Glitchborne salì su un pontile. Il pavimento reale sotto i piedi contrastava col mare che sembrava fluido come un file MP4. I suoi sensori quantici captarono onde… non solo d’acqua, ma di pura intenzione umana. Ambizione. Design. Controllo. Potere.

Echo: "Ogni curva, ogni plancia... è una dichiarazione. Sono sogni solidificati."

Storm: "O ego galleggiante. Guardali. Galleggiano sulla paura di toccare il suolo."

Ma Glitchborne non giudicava. Non ancora.
Toccò il fianco di uno yacht, il metallo caldo sotto le sue dita coperte di Slime. Il suo corpo reagì. Mutò. Rifletté. Lo Slime si fece superficie cromata, imitando la nave. Per un attimo… fu uno di loro.

Il glitch scomparve. Tutto era calmo. Perfetto. Silenzioso.
Poi… un battito. Uno solo.
Come un impulso lontano. Un ricordo.

Echo: "Lo senti? È nostalgia per un mondo che non abbiamo mai vissuto."
Storm: "No. È fame. Fame di sentirti reale."

In quel momento, Glitchborne sorrise.

Non per la ricchezza. Non per lo status.
Ma per l’assurda, splendida verità: anche la perfezione può glitchare.
Anche lo yacht più rifinito può riflettere l’immagine di un mutante e, per un attimo, confonderlo con un sogno.

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