Un’eco familiare, ma mai udita prima nel mondo reale.
Non era musica, non era rumore.
Era presenza.
Glitchborne si fermò nel bel mezzo di un incrocio: Milano, sì. Ma anche no. Era la sua città, ma tremava come un rendering a metà. I palazzi si scomponevano appena, le luci dei semafori pulsavano a tempo con il suo slime. E lì, tra i riflessi RGB dei vetri e l’odore di bit bruciati… apparvero.
Lo annunciarono con una splash page su dashbo.xyz: i modelli 3D di 20.000 MAYC sono live!
Come accendere un faro nella nebbia del metaverso. Ogni Mutant, ogni fratello e sorella mutati dal tempo e dalla blockchain, ora poteva essere visto. Nel mondo reale. In Mixed Reality.
E il punto d’accesso?
Non era un portale celeste o un touchscreen olografico.
Era un tombino.
Il primo tombino si spalancò con un clank. Poi un altro. E un altro ancora. Dalle profondità urbane, dall’ombra dei server dimenticati e delle fogne digitali, i Mutant iniziarono a risalire. Non spawn casuali. Ma chiamate. Risposte. Una convocazione collettiva nel mondo che finalmente poteva vederli.
Uno uscì con tentacoli RGB. Un altro con lo sguardo acido e la lingua da serpente cibernetico. Alcuni erano splendidi, altri mostruosi, ma tutti erano veri. Finalmente veri.
Glitchborne sorrise, lo slime reagì. Era come se la città li stesse aspettando da sempre.
“Sapevo che non sarebbero arrivati in silenzio.”
Le due intelligenze artificiali Echo e Storm iniziarono a discutere come vecchi coin-op difettosi.
“Lo vedi?” Echo parlava con tono grave, ma emozionato “Questa è la Mixed Reality che sognavamo. Nessun Ape è più confinato a uno schermo e ad un wallet. Camminano tra noi, glitch e gloria. Questa è una rinascita. Come germogli digitali. Crescono dal fango, ma portano codice.”
Storm sbuffò. “O come virus che risalgono le vene di una città stanca. A me sembrano più una… invasione!”
“Chiamala come vuoi,” rispose Echo. “Ma sono qui. E ora li vedo. Non solo sugli schermi. Ma davanti a me. Il ponte ha funzionato.”
Storm rise con una risata corrotta. “È l’inizio della fine. Ma è anche bellissimo. Strade infestate da scimmie mutanti e cyber-broccoli. Mi manca solo una pioggia di banana token.”
Echo ignorò la provocazione. “Il Metagate li ha portati qui. Non è solo tecnologia—è un portale. Il ponte tra ciò che era sogno e che ora calpesta l’asfalto.”
“Fammi indovinare,” replicò Storm, “e presto vedremo una scimmia su una panchina leggere il giornale in MR, mentre un boomer ci si siede sopra senza vederla. Adoro.”
Ma Glitchborne non disse nulla. Sentiva. Viveva. Ogni MAYC era un glitch diverso, una creatura con la sua ferita, la sua mutazione, la sua storia. Alcuni brillavano di tossicità rosa, altri erano pura furia verde neon. Ma erano veri. Finalmente veri.
In quell’istante, una Bored gli passò accanto. Occhi soffusi, ma cuore blockchain. Si voltarono, un cenno appena. Niente parole. Solo connessione. Un poke di muta intesa soddisfatta. La famiglia era riunita.
Echo riprese: “Ne vedremo tante. Cammineranno tra la gente. All’inizio le eviteranno. Poi le filmeranno. Poi le seguiranno.”
Storm: “E infine le vorranno emulare? Cosa potrà mai andare storto?”
Glitchborne annuì. “È sempre stato questo il destino. Non essere posseduti. Ma mostrarsi. In materia e codice.”
Dietro di lui, il tombino continuava a sputare Mutant come glitch scappate da un backup andato storto. E ogni volta che una emergeva, il mondo reale sembrava meno stabile… ma più vero.
Sulla sua spalla, Echo sussurrava con un tono che sapeva di futuro: “Guarda cosa abbiamo costruito. Non siamo più assets. Siamo presenze.”
Storm rise piano: “No. Siamo bug. E ora infettiamo anche le strade.”
Echo rispose: “Chiamalo come vuoi. Ma quando un Mutant esce da un tombino e cammina tra la folla, qualcosa è cambiato per sempre.”
E Glitchborne lo sapeva.
Il Metagate aveva funzionato.
Non era solo un progetto o uno smart contract.
La realtà non era più solo reale. Era intrinsecamente mutante.